Organismo di vigilanza: è meglio nella struttura monocratico (un componente) oppure quella collegiale (tre membri)?
Una risposta univoca non esiste ed è legata a numerosi fattori, fra cui le dimensioni effettive dell’azienda che ha inteso adottare il Modello 231 e nominare l’O.d.V, ai sensi dell’art. 6 d.lgs.. 231/2001.
Ci si è sempre chiesti se, in sede di nomina di un organismo di vigilanza, sia o meno opportuno un organo collegiale o monocratico e, soprattutto, quali sono i criteri che devono guidare qualsiasi società nella scelta sulla composizione dell’OdV. Il d.lgs. 231/2001 non detta regole specifiche in ordine alla fisionomia giuridica dell’OdV, alla composizione, al numero di partecipanti, ai requisiti dei membri che dovrebbero farne parte ed al suo funzionamento. Molto spesso le associazioni di categoria chiariscono questi dubbi mediante l’emanazione di prassi o linee guida.
Come detto, l’Organismo di vigilanza può essere monocratico o collegiale. Nella prassi si è registrata una maggioranza di OdV a composizione collegiale, anche se nelle società di modeste dimensioni è assai più frequente la presenza di organismi monocratici: inn questi casi l’incarico viene assegnato ad un solo professionista esterno all’azienda.
Nell’eventualità di un organismo collegiale, spesso uno o due membri professionisti esterni, mentre un terzo è interno all’impresa. Solitamente i membri esterni non sono legati da un rapporto subordinato di lavoro con l’ente, proprio a garanzia della loro autonomia ed indipendenza.
Garantire l’autonomia dell’organismo, inoltre, oltre che essere una prerogativa imposta dal decreto è anche una caratteristica imprescindibile ed implica dell’Odv. Per lo stesso motivo, inoltre, è sconsigliabile che i membri del collegio sindacale ricoprano al tempo stesso la carica di membri dell’Organismo di vigilanza.
Un organismo con funzioni tipicamente ispettive deve essere costruito in maniera tale da poter garantire che i cuoi controlli ad ogni livello risultino attendibili, imparziali ed effettivi. Il giudizio che, in caso di fase patologica, viene eseguito, è proprio incidente sulla forza, credibilità e fisionomia dell’organismo in relazioni anche e soprattutto alle dimensioni dell’azienda ed alla attività svolta.
Qualsiasi sia la composizione numerica dell’OdV, perchè quest’organo possa adeguatamente ed efficacemente adempiere ai propri compiti, è necessario che ne sia garantita la autonomia, l’indipendenza e la professionalità.
La scelta deve sempre tendere al raggiungimento della massima indipendenza e autonomia dell’organo rispetto ai soggetti controllati. in caso contrario, un Organismo di Vigilanza debole potrebbe non superare il vaglio del giudice.
Indipendenza significa libertà di ingerenze da parte degli organi sociali, in particolare dal consiglio di amministrazione, oppure da condizionamenti economici, personali o da possibili conflitti di interesse o elementi di dipendenza funzionale dai vertici aziendali.
Secondo la giurisprudenza di merito, i membri dell’OdV debbono essere in possesso di capacità specifiche in tema di attività ispettiva e consulenziale di natura giuridica, economica e societaria. Secondo le più recenti linee guida di Confindustria, la disciplina del decreto è in buona sostanza una disciplina penale e l’attività dell’OdV ha lo scopo di prevenire la realizzazione di reati.
Per questo, generalmente, fra le figure esterne, si predilige la presenza di un avvocato penalista.
E’ pur vero, tuttavia, che la realtà dei fatti è che le aziende non dispongono di un budget infinito da poter destinare all’operato dell’OdV e ai suoi membri e, perciò, spesso si preferisce incaricare un solo professionista esterno (composizione monocratica) anche in aziende di dimensioni notevoli.
Altro tema da tenere in considerazione nell’ambito della scelta dei membri dell’organismo di vigilanza è legato alla natura dell’attività svolta e agli specifici rischi previsti dal Modello.
Chiaramente, per garantire l’efficace e costante attuazione di un modello organizzativo, soprattutto in aziende di grandi dimensioni, è necessaria una presenza fissa ed una struttura dedicata a tempo pieno all’attività di vigilanza sul Modello. Una struttura variegata all’interno di un organismo collegiale, potrebbe condurre ad una redistribuzione dei ruoli: uno dei membri potrebbe essere incaricato di redigere i verbali, le relazioni semestrali, occuparsi della formazione nonchè dell’aggiornamento dello stesso Modello, qualora reputato opportuno.
Altro requisito posto dal d.lgs. 231/2001 è quello della continuità d’azione, che si può soddisfare in diversi modi: si pensi ad esempio alla presenza, come anticipato poc’anzi, di componenti interni che, alle condizioni prima indicate in punto di autonomia ed indipendenza, possono offrire un contributo assiduo, determinante per assicurare il requisito.
Ad ogni modo i vertici aziendali debbono sempre valutare le esigenze legate alle dimensioni dell’azienda , l’oggetto sociale, la complessità le procedure interne ed i più rilevanti rischi mappati nel Modello.
Dunque, non esiste una risposta netta alla domanda, ma certamente si debbono escludere a priori figure interne incompatibili con l’azienda (quali i membri del collegio sindacale), internal auditor, legali fiduciari dell’azienda o soggetti direttamente o indirettamente legati alla stessa per cui potrebbe nascere un conflitto di interessi.
La scelta, poi, dev’essere sempre calibrata secondo procedure di selezione formali.
E’ sempre preferibile, in caso di organo monocratico, a prescindere dai formalismi, che il soggetto scelto, sia terzo, esterno e a garanzia della maggior indipendenza possibile.
Si deve sempre ricordare la nota ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Parma (28/04/2015), applicava ad una s.r.l. la misura cautelare interdittiva dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi per la durata di un anno e della revoca di quelli già concessi.
Il Tribunale del riesame evidenziava la potenziale inefficacia del controllo affidato ad un organismo di vigilanza di natura monocratica, specie in considerazione dei “trascorsi molto negativi della società”, che impongono un’azione di monitoraggio “assidua e assai penetrante”.
Pur in presenza di un valido Modello organizzativo, specie con riferimento ai rischi di realizzazione di illeciti ed all’elaborazione delle procedure volte a prevenire il verificarsi di reati della specie di quello verificatosi (truffa), la presenza di un organo monocratico, non sarebbe stata idonea a svolgere correttamente le sue funzioni.
Si deve considerare anche la gravità, il numero e la durata nel tempo degli illeciti contestati, oltre all’operato concretamente svolto dall’OdV.
Secondo il Tribunale, alla luce di questo contesto, il modello organizzativo adottato da presentava una non trascurabile criticità laddove prevedeva che l’OdV potesse avere una composizione monocratica.
Il Tribunale, all’esito, confermava la misura cautelare disposta dal G.I.P., per la durata di un anno, limitando la revoca dei finanziamenti, a quelli deliberati a favore della società e non ancora materialmente erogati, fermo restando il divieto di ottenere finanziamenti per la stessa durata).