Elusione fraudolenta ed efficacia del Modello 231
Con ordinanza del 24 ottobre 2024 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trapani disponeva l’archiviazione del procedimento nei confronti di una società alla quale era stato contestato l’illecito amministrativo previsto e sanzionato dall’art. 25 del D. Lgs. n. 231 del 2001, proprio in relazione all’imputazione per corruzione mossa a carico di un dipendente dell’ente stesso.
La pronuncia in commento è particolarmente degna di nota poiché si presta ad una lettura dal taglio “accademico”, giungendo al dispositivo solo dopo aver approfondito gli elementi costitutivi dell’illecito amministrativo debitamente contestualizzati nel caso concreto.
Come è noto, l’art. 6 del Decreto 231 prevede come condizione esimente della responsabilità, l’adozione ed efficace attuazione da parte dell’ente di modelli di organizzazione e gestione, idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
La parte generale del Modello, che individua la fisionomia strutturale ed organizzativa del sistema 231 adottato dalla Società, oltre a descrivere la configurazione giuridica societaria ed i correlati organi di amministrazione e controllo che la compongono, dovrebbe contenere:
- codice Etico;
- linee dell’attività di informazione e formazione sul Modello e sui protocolli di prevenzione;
- sistema di rilevamento delle eventuali violazioni del Modello che consenta a tutti i destinatari di segnalare un illecito, in applicazione della normativa comunitaria in materia di Whistleblowing;
- sistema disciplinare: a tal proposito, la giurisprudenza suggerisce di fare leva sul sistema retributivo variabile legato ad obiettivi di performance predefiniti, ritenuto oggettivamente in grado di agevolare la commissione di condotte in contrasto con le regole aziendali che possano, al contempo, determinare un vantaggio in capo all’ente. Per questo, un’efficace azione di contrasto potrebbe consistere nell’applicazione di sanzioni che implichino la decurtazione della parte variabile della retribuzione, così da scoraggiare pratiche o comportamenti non conformi alle disposizioni contenute nei protocolli operativi;
- la previsione e l’operatività dell’Organismo di Vigilanza che, come è noto, ha l’onere di controllare il funzionamento e l’osservanza del Modello aziendale, nonché di curarne l’aggiornamento costante.
La parte speciale del Modello, invece, è deputata ad individuare le attività maggiormente esposte al rischio reato ed alla formalizzazione del contenuto delle cautele preventive alla commissione di reati, descrivendo la struttura dei reati presupposto, la mappatura delle attività a rischio (risk assesment), nonché i protocolli di comportamento che integrano il volto procedimentale e sostanziale della cautela orientata a ridurre il rischio-reato.
Tutto ciò premesso, il P.M. ha ritenuto di disporre l’archiviazione del procedimento a carico dell’Ente in questione, poiché dotato di Modello idoneo, ex ante, a prevenire il reato di corruzione verificatosi.
Infatti, la Società nella valutazione del rischio-reato ha previsto il divieto di donazioni in favore degli enti pubblici proprio per evitare indebite collusioni tra i rappresentanti della Società e quelli dell’Ente pubblico.
Il divieto imposto è stato, però, fraudolentemente aggirato dal dipendente, il quale ha tentato di dissimulare una donazione ricorrendo alla sponsorizzazione che avrebbe, comunque, richiesto un iter formale del tutto assente negli atti del procedimento.
In particolare, nel caso di specie il P.M. ha ritenuto sussistere il c.d. management override, ossia una vera e propria forzatura gestionale da parte del dipendente, il quale ha adottato un comportamento improntato alla sistematica violazione ed aggiramento fraudolento di ogni regola e procedura, in presenza del quale qualunque Modello Organizzativo, seppur adeguato ed efficacemente attuato, non sarebbe stato in grado di evitare.
Il famigerato comma 1 lett. c) dell’art. 6, con le sue problematicità e difficoltà applicative, è stato sottoposto diverse volte e sotto molteplici punti di vista al vaglio della giurisprudenza.
L’Ordinanza in commento costituisce proprio una conferma dei recenti approdi della Suprema Corte in tema di elusione fraudolenta, secondo la quale il concetto di ‘elusione’ implica necessariamente una condotta munita di connotazione decettiva, consistendo nel sottrarsi con malizia ad un obbligo ovvero nell’aggiramento di un vincolo, nello specifico rappresentato dalle prescrizioni del modello; rafforzata poi dal predicato di ‘fraudolenza”, che vuole evidenziare una “condotta ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola”, tale da frustrare con l’inganno il diligente rispetto delle regole da parte dell’ente» (Cass. pen., Sez. VI, 15.06.2022, n. 23401, c.d. seconda pronuncia Impregilo).