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Sequestro preventivo e onere motivazionale

Il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, di cui all’art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio.

La Terza Sezione Penale della Suprema Corte, con sentenza n. 20078/2025, ha statuito che in tema di responsabilità da reato degli enti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca, anche per equivalente, deve contenere la concisa motivazione del periculum in mora, da rapportare – nel rispetto dei criteri di adeguatezza e proporzionalità della misura reale – alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio.

Il ricorso de quo ha ad oggetto l’ordinanza con la quale il Tribunale di Milano ha rigettato il riesame cautelare proposto dall’ente avverso il decreto di sequestro preventivo del GIP, disposto su beni aziendali fondamentali per la prosecuzione dell’attività.

Più precisamente la società ricorrente ha rilevato che l’ordinanza impugnata si è limitata ad affermare che il rischio di dispersione delle garanzie patrimoniali sarebbe da ravvisarsi nelle condotte fraudolente commesse dagli imputati, nonché nel fatto che la solvibilità della società era negativa considerando l’assenza di liquidità. L’ente ha sostenuto che non vi fosse il rischio di modifica, dispersione, deterioramento, alienazione della cosa suscettibile di futura confisca, poiché solida dal punto di vista reddituale e patrimoniale.

E’ noto che nell’ambito del sistema disciplinato dal d.lgs. n. 231/2001 la confisca è espressamente qualificata come una sanzione ed il sequestro, conseguentemente, si traduce in una anticipazione della sanzione, e ben può assumere una incidenza tale da produrre effetti irreversibili rispetto alla sopravvivenza stessa dell’ente, come quando il vincolo ricade su risorse patrimoniali talmente ingenti da determinare l’impossibilità della prosecuzione dell’attività aziendale oppure, come nel caso in esame, su beni strumentali indispensabili per la prosecuzione dell’impresa.

La Corte ha accolto il ricorso, richiamando l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. Ellade n.36959/21 del 24/06/2021) secondo il quale il provvedimento di sequestro preventivo previsto dall’art. 321 co. 2 c.p.p., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio.

Tanto, in modo da garantire coerenza con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale evitando un’indebita compressione di diritti costituzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento vessatorio.

Secondo la sentenza Ellade,  pertanto, la motivazione del decreto di sequestro preventivo deve avere ad oggetto il pericolo che, nelle more del giudizio, la cosa, suscettibile di confisca, venga modificata, dispersa, deteriorata, utilizzata o alienata, sicché l’apprensione si rende necessaria perché, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire successivamente impraticabile, senza che rilevi, di conseguenza, la natura (obbligatoria o facoltativa) della confisca, né la funzione concretamente assolta dalla stessa (misura di sicurezza, sanzione, misura amministrativa), avendo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite valenza trasversale.

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato, nel richiamare il provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari, ha evidenziato come gli indici di solvibilità immediata della società (margine di tesoreria e quoziente di tesoreria), deponessero sic et simpliciter per una solvibilità negativa.

In tal modo, il Tribunale ha ancorato l’affermazione del periculum alla titolarità di un patrimonio societario non tale da garantire, in prospettiva, quello suscettibile di confisca, senza valorizzare le ragioni per le quali il bene, nelle more del giudizio, potrebbe essere compromesso.

Se la maggiore o minore solidità patrimoniale del soggetto destinatario della misura è elemento da tenere in debita considerazione nel giudizio in esame, non può farsene tuttavia derivare alcun automatismo, né in un senso, né nell’altro, a pena di vanificare l’obbligo di motivazione che proprio le Sezioni Unite hanno inteso rafforzare.

Se la consistenza e solidità del patrimonio del soggetto passibile di confisca ragionevolmente riducono il pericolo di dispersione dei beni e dei valori confiscabili, non si può invece ritenere che, a fronte della titolarità di un patrimonio inferiore a quello suscettibile di confisca, il periculum in mora sia perciò solo esistente, così da esonerare il Giudice dall’obbligo di rendere la necessaria motivazione.

Diversamente argomentando si finirebbe, infatti, con l’equiparare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca al sequestro conservativo di cui all’art. 316 c.p.p., che, in alternativa al pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale esistente al momento dell’adozione della misura, considera anche quello fondato sulla mera mancanza o insufficienza di detta garanzia.

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