Nella giornata del “World Whistleblower Day” è stata pubblicata una guida pratica in materia whistleblowing nell’ambito del progetto “Open the Whistle”, co-finanziato dall’Unione Europea e promosso da autorevoli partner istituzionali e accademici (fra cui anche l’ANAC, l’Autorità nazionale anti-corruzione, ente deputato ex lege alla ricezione e gestione delle segnalazioni cd. “esterne” nonché all’irrogazione di sanzioni nei casi previsti dall’art. 21 D. Lgs. 24/2023).
La guida, pur non avendo alcuna efficacia cogente (non potendo assurgere nemmeno al rango di soft law), rappresenta un tentativo avanzato e concreto di affrontare la complessa tematica del whistleblowing non solo come strumento giuridico, ma anche come elemento culturale di protezione e tutela del soggetto che segnali la commissione di illeciti nel contesto in cui opera.
Il testo si propone, quindi, come una bussola operativa per gli enti pubblici e privati nell’attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937, recepita in Italia con il D. Lgs. 24/2023: ergo, esso potrà essere utilizzato quale utile strumento per l’analisi dell’efficacia dei sistemi di segnalazione interni.
Valutazione che, del resto, assume importanza anche ai fini dell’idoneità dei M.O.G.C. 231/2001, considerato che l’articolo 6, co. 2bis D. Lgs. 231/2001 prevede espressamente, fra le componenti del compliance program, il sistema di whistleblowing (con tutti i suoi corollari, quali il divieto di ritorsioni in caso di segnalazioni nonché il sistema disciplinare deputato a sanzionare i soggetti segnalati e, nel caso di segnalazione manifestamente infondate o dolose, segnalanti).
Le 5 sfide del whistleblowing
La guida individua 5 sfide, ritenute come quelle a maggiore rilevanza nel contesto della concreta attuazione della “Direttiva whistleblowing”. Questi temi vengono affrontati attraverso due approcci innovativi: 1) un approccio di genere, volto ad enfatizzare l’importanza di sistemi di segnalazione inclusivi e accessibili; 2) un approccio cd. “di governo aperto” (open government), che si rivolge principalmente ai Paesi membri dell’iniziativa internazionale Open Government Partnership (OGP, fra cui v’è anche l’Italia).
Le 5 sfide individuate dal toolkit possono essere così sinteticamente riassunte.
1) Trasparenza e comunicazione dei sistemi di segnalazione
La guida evidenzia che la Direttiva UE 2019/1937 e il D.Lgs. 24/2023 non si limitano a prescrivere l’esistenza di canali di segnalazione, ma richiedono che questi siano conoscibili, accessibili e comprensibili. Pertanto, il toolkit insiste sulla necessità che gli enti pubblici e privati adottino un approccio proattivo e inclusivo nella strutturazione e nella diffusione delle informazioni relative ai sistemi di segnalazione. Questo significa, innanzitutto, pubblicare in modo ben visibile – ad esempio sul sito web aziendale – tutte le indicazioni utili per la segnalazione: chi può segnalare, cosa può essere segnalato, attraverso quali modalità, a chi è indirizzata la segnalazione, con quali tempi (necessità di follow-up prevista ex lege) e con quali tutele verrà gestita.
2) Correttezza delle indagini e gestione dei sistemi interni di segnalazione
Di particolare interesse sono le indicazioni della guida relative a questo punto. Difatti, afferma la guida che il sistema di segnalazione dovrebbe essere congegnato in maniera tale da prevedere, ex ante, quali siano le procedure da seguire in caso di segnalazione: le indagini da svolgere, le fonti di prova da dover raccogliere nonché le persone coinvolte e da dover intervistare. Sono suggerite buone pratiche come la “dichiarazione di assenza di conflitti” da parte del gestore e l’individuazione preventiva di un supplente nei casi di astensione del gestore stesso per conflitto d’interessi.
3) Protezione dei dati personali
Terza cruciale sfida per una corretta gestione della segnalazione è quella della protezione dei dati personali dei soggetti coinvolti nella segnalazione stessa. Una gestione della segnalazione rispettosa del Regolamento GDPR (applicato in coordinamento con la Direttiva UE 2019/1937) richiede l’adozione di misure tecniche avanzate (crittografia, pseudonimizzazione, accessi profilati), valutazioni d’impatto e protocolli operativi che limitino l’accesso e la conservazione ai soli dati pertinenti. Queste tutele devono essere ancor più forti nel caso di divulgazioni pubbliche (extrema ratio per il D. Lgs. 24/2023), considerato il danno reputazionale che potrebbe derivare alla corporation e al soggetto coinvolto dalla segnalazione stessa: necessario quindi che l’Autorità di vigilanza predisponga orientamenti e best practices da seguire in caso di divulgazioni pubbliche.
4)Protezione dei soggetti segnalanti
La guida rimarca l’importanza di un’effettiva protezione dei soggetti coinvolti nella segnalazione (segnalante, segnalato, facilitatore). In primo luogo, la protezione da qualsiasi forma di ritorsione (misure espressamente previste dal nostro ordinamento). Tuttavia, la guida critica l’Italia – fornendo quindi spunti di riflessione de iure condendo – per la mancata previsione di forme di tutela anche agli enti del terzo settore che forniscono supporto ai soggetti segnalanti.
5) Efficacia e diffusione di una “cultura del whistleblowing”
Infine, si evidenzia l’importanza della promozione di una “cultura della segnalazione”, essenziale per il successo dei sistemi di whistleblowing. La guida auspica, per il nostro Paese, l’adozione di misure atte a diffondere una sensibilizzazione profonda dell’opinione pubblica in questa materia. Proprio per queste ragioni, la segnalazione viene definita come uno strumento che va oltre il tradizionale ambito della compliance, rappresentando il whistleblowing “una fondamentale libertà democratica, da tutelare al pari della libertà di espressione”.
Considerazioni finali
La guida, pur non avendo efficacia cogente, si rivela uno strumento prezioso per chi, come giurista o consulente d’impresa, è chiamato a tradurre gli obblighi normativi in prassi aziendali effettive. Essa offre una visione moderna, integrata e multidisciplinare del whistleblowing, che guarda oltre l’adempimento normativo e suggerisce una riforma culturale dell’organizzazione dell’ente. In tale ottica, l’adozione di canali di segnalazione effettivi non deve essere percepita come un costo, ma come investimento reputazionale e leva di sostenibilità giuridica, sociale ed economica.